Canti friulani
Liriche per voce e pianoforte
Canti sacri
Composizioni varie
Nel gennaio del 1923 , proprio nel momento in cui più che mai - come ebbe a dire sua figlia Angelina - la poesia e la musica gli cantavano dentro e sgorgavano spontanee dal suo cuore, morì Arturo Zardini, musicista e poeta, cantore del Friuli.
La morte prematura lo colse
senza dargli il tempo di rivedere le sue tanto amate composizioni
musicali, scritte di getto per obbedire all'urgenza compositiva
interiore, nei pochi momenti che il lavoro, la famiglia, la banda e il
coro gli lasciavano a disposizione, e spesso rimaste poco più che un
abbozzo. Di tutta la sua produzione nemmeno una decina di composizioni
vide la stampa vivente l'autore. Si deve all'amico poeta Ercole Carletti
e all'editore udinese Camillo Montico se questa preziosa eredità è
stata in parte salvata e divulgata per mezzo di una raccolta, intitolata
Canti friulani, contenente 27 composizioni del maestro, edita nel 1925
(sotto gli auspici della Società Filolofica Friulana); in breve tempo
essa venne esaurita tanto da indurre già nel 1927 e poi nuovamente nel
1930 l'editore Montico ad approntarne due ristampe entrambe affidate ai
tipi della stamperia Mignani di Firenze. Oggi di quelle edizioni si
fatica a trovar copia anche nelle biblioteche più fornite cosicché la
maggioranza dei gruppi corali si limita ad eseguire i due o tre canti
più popolari di Zardini reperibili perché ristampati isolatamente in
anni recenti (Stelutis alpinis, Il ciant de Filologiche, La gnot d'avril...
) o, in mancanza d'altro, ricorre ad uno dei tanti rifacimenti,
adattamenti o travisamenti moderni dei medesimi canti non di rado
scarsamente rispettosi della scrittura del maestro.
L'intento del
presente lavoro è, dunque, principalmente quello di raccogliere in un
unico volume tutta la produzione musicale di Arturo Zardini per venire
incontro a quanti vogliono conoscere meglio l'opera di un così grande
interprete dell'anima musicale friulana. Questa nuova edizione si basa
necessariamente su quella di Montico del 1925, riferimento obbligato in
mancanza dei manoscritti autografi del maestro utilizzati in quella
circostanza da Ercole Carletti, ma anche riferimento attendibile se
prestiamo fede alle parole con cui quest'ultimo presentava il suo ruolo
di curatore:
«Abbiamo fatto una trascrizione fedelissima dei testi musicali, senza nemmeno correzioni di forma, anche quando essa presentava evidenti imperfezioni od anomalie. Abbiamo ritenuto preferibile conservare anche per tal riguardo l'autenticità di questi canti, sgorgati da una ricca vena, documenti d'una genialità spontanea, aliena d'ogni leoncinio di tecnica».
Il ritrovamento di nove
di questi canti in copia autografa del maestro in un primo momento ha
fatto dubitare della sincerità di tale dichiarazione. Il confronto tra
manoscritti e stampa del 1925 infatti rivela numerose, anche se non
sostanziali, differenze che non possono però giustificare in alcun modo
la definizione di «trascrizione fedelissima». Le differenze riguardano
di volta in volta la collocazione del testo sotto la musica e qualche
passo del testo stesso, la tonalità dei brani, la condotta melodica
della voce acuta, qualche cadenza armonica, qualche figurazione ritmica,
ma soprattutto la condotta del basso. Il curatore è stato, quindi,
tentato di trascrivere questi nove canti direttamente dagli autografi,
ignorando l'edizione Montico, fino a che un ulteriore confronto, questa
volta con i pochi canti editi prima della morte del maestro e quindi,
presumibilmente, con il suo assenso e con la sua revisione, l'hanno
fatto recedere dal proposito. Infatti anche in questo confronto sono
emerse le stesse varianti rispetto ai manoscritti già constatate
collezionando l'edizione del 1925. È pertanto ipotizzabile che questi
autografi non siano gli stessi utilizzati da Carletti ma testimonino una
precedente versione dei canti poi modificata dall'autore stesso.
Nel
presente volume non ci si limita comunque a riproporre quanto contenuto
nell'edizione di Montico, sia pur emendato dagli errori di stampa
manifesti, ma si aggiungono altre otto composizioni (in parte inedite e
in parte pubblicate in riviste non facilmente reperibili). Si da
conto, inoltre, delle diverse composizioni perdute (per numero più di
quelle conservate) soprattutto durante i tragici e precipitosi eventi
seguiti alla disfatta di Caporetto.
Per quanto riguarda i criteri
editoriali, seguendo lo spirito che aveva animato Ercole Carletti nella
compilazione della prima edizione, vengono presentate le musiche senza
interventi anche nei casi in cui la scrittura musicale appare poco più
che un abbozzo e a fatica si conforma ad un organico vocale. Agli
esecutori la facoltà di adattare al proprio contesto ciò che Zardini
aveva scritto schematicamente pensando prima di tutto al coro e alla
banda di Pontebba.
Qualche piccolo intervento si è operato nei
confronti dei testi poetici integrando la punteggiatura ove è parso
utile per favorire una corretta comprensione dei medesimi ed
uniformando le scelte grafiche - soprattutto quando contraddittorie
all'interno di uno stesso testo - alle convenzioni adottate da Il Nuovo Pirona
(Udine, A. Bosetti, 1935). Possa questo volume essere un sincero
omaggio alla memoria del maestro Arturo Zardini e un contributo alla
divulgazione della sua musica affinché non abbia ad avverarsi quanto
egli in una lettera del 1916 - sia pur riferendosi ad una composizione
in particolare - confessava amaramente ad un amico:
[Questo inno] «qui ottenne un clamoroso successo ma come tutte le mie cose qui si fa e qui resta ed abbenché se qualche composizione è destinata alla popolarità da questo paese è molto difficile ottenere soddisfazioni che elevino...».
Ai gruppi corali il compito di diffondere nel mondo il suo canto appassionato.