Si trova nel comune di Manzano, in provincia di Udine e secondo la leggenda venne fondata nel IX secolo da un eremita che aveva costruito la prima cella. Da una frammentaria documentazione sappiamo che il monastero venne abitato da monaci agostiniani, che vennero poi sostituiti dai benedettini. Ufficialmente il monastero venne fondato nel 1090 dal patriarca Ulrico I Eppenstein.
Durante i secoli l’abbazia accumulò molti beni, frutto delle frequenti e ricche donazioni, fino a raggiungere il massimo splendore nel XIII secolo. Il titolo abbaziale era divenuto una carica molto importante, pari a quella del Vescovo per potenza e prestigio; i suoi possedimenti erano protetti direttamente dalla Santa Sede. Alle dipendenze dell’abate esisteva un Ufficiale Laico che era investito di piena giurisdizione nei possedimenti dell’abbazia.
Una parte dell’abbazia fu adibita a prigione. Rosazzo forniva milizie all’esercito patriarcale e il numero di armati crebbe nei secoli a dimostrazione del parallelo aumento delle rendite e della conseguente disponibilità economica.
Venne seriamente danneggiata dagli incendi del 1323 e del 1344, ma i danni furono prontamente riparati. Nei secoli successivi l’abbazia fu fortificata per prevenire gli attacchi di tutti coloro (ed erano molti) che volevano il suo possesso fra cui ricordiamo Cividale, Udine, i Conti di Gorizia e il Duca d’Austria. Non si contano gli intrighi, gli intrallazzi, i maneggi, i tradimenti, i cavilli giuridici che contornano gli assedi e i colpi di mano. Si registrano anche episodi piuttosto feroci: ricordiamo l’assedio degli Ungari al comando di un generale tedesco, i quali tagliarono la mano destra agli assediati sconfitti.
Nemmeno la conquista veneta mutò questa situazione. Fra coloro che tentarono di mettere le mani su Rosazzo si annoverano personaggi di ogni specie come avventurieri locali e stranieri, vescovi e cardinali, capitani di ventura e signorotti vari del Friuli e del Carso. Il 10 dicembre 1508, durante la guerra seguita alla Lega di Cambrai, le truppe imperiali, francesi e papali si scagliarono sull’abbazia, ormai definitivamente trasformata in fortezza e presidiata dalle truppe veneziane. La fortezza non resse l’urto e venne completamente bruciata, la guarnigione massacrata (i benedettini avevano lasciato il monastero da un secolo, precisamente dal 1423).
Per interessamento del papa Clemente VII, ma soprattutto di Gian Matteo Giberti vescovo di Verona e abate commendatario, l’abbazia fu restaurata. I lavori terminarono nel 1533. La storia successiva non ha notizie di rilievo, in ambito civile; ecclesiasticamente, dopo la soppressione, nel 1751, del Patriarcato di Aquileia, l’abbazia fu assegnata in commenda perpetua agli arcivescovi di Udine e Gorizia; per la rinuncia di quest’ultimo, all’arcivescovo di Udine restò il beneficio con il titolo di abate e marchese di Rosazzo.
Nel 1823 un edificio dell’abbazia fu adattato a residenza estiva degli Arcivescovi. Attualmente è in custodia a un Vicario. Nulla si sa degli edifici monastici antichi.
Oggi ci rimangono lo splendido chiostro cinquecentesco, la torre (forse l’unica superstite di altre), la Chiesa di San Pietro che nella forma attuale è in parte dovuta all’architetto cividalese Venceslao Bojani (che usò parecchio materiale degli edifici precedenti) e il monastero che fu ristrutturato nell’Ottocento.
In loco esiste l’azienda agricola “Abbazia di Rosazzo” che produce una serie di splendidi vini Doc. Il “vino del Monastero” ha sempre goduto molta notorietà; la lista delle vivande servite il 6 giugno 1409 dal Comune di Cividale in onore di Papa Gregorio II comprendeva, tra gli altri vini, la Ribolla dell’Abbazia.